CORONAVIRUS, SANITÀ E COMUNITÀ DI PERSONE

L’impatto del Coronavirus sulle persone e sui servizi socio sanitari

La FAP Acli del Veneto esprime grande riconoscenza per quanti hanno operato ed operano per affrontare la pandemia da Coronavirus e sottolineando che la risposta assistenziale nei confronti dei pazienti è venuta quasi esclusivamente dalla sanità pubblica, evidenzia il grande impegno e sacrificio dei medici e degli operatori sanitari, malgrado la iniziale carenza di personale, dì materiale di protezione, di posti letto e di strumentazioni per la terapia intensiva.

Varie volte tuttavia in queste settimane abbiamo ascoltato o letto le cronache di tante tragedie e drammi di coniugi, figli, fratelli che non avevano più notizie del proprio congiunto o ricevevano con molto ritardo notizia della sua morte, oppure che non ricevevano più informazioni del congiunto ricoverato in ospedale o ospite in casa di riposo.

Gli anziani, hanno pagato il prezzo più pesante alla pandemia, sia per numero di decessi (oltre il 90% dei deceduti ha più di 65 anni), sia per le sofferenze di una malattia vissuta spesso in isolamento e solitudine, sia per una morte arrivata senza la vicinanza di un familiare o di un parente, surrogata dai gesti pietosi e dalle parole di un infermiere o di un medico e la privazione anche di un estremo saluto dignitoso.

Sono risultate evidenti l’inadeguatezza, la superficialità, l’incapacità di troppi servizi e di parte dell’organizzazione sanitaria e assistenziale di prendersi cura in modo globale delle persone fragili proprio nei momenti più drammatici della loro vita. Pensiamo che molti si siano interrogati se non ci fosse stato veramente nessun modo o spazio per assicurare comunque il rispetto di alcuni principi etici del diritto alla vita e a una morte dignitosa di tanti anziani e abbiano una ripulsa contro questa barbarie insidiosa che porta a pensare che i più vecchi, i più fragili vadano difesi meno, quasi sacrificati alla improvvisazione, alla incapacità di gestire situazioni di emergenza, alla scarsità del personale qualificato e dei mezzi di assistenza adeguati.

La morte degli anziani non può essere archiviata con facilità, farlo sarebbe l’effetto della “cultura dello scarto” che Papa Francesco ci ha insegnato a riconoscere e rifiutare. La loro scomparsa è perdita di saggezza, di memoria, di percorsi che possono ancora dire molto, di un dialogo che si interrompe con i giovani.

I pensionati della FAP Acli veneta sottoscrivono e ritengono quanto mai opportuno l’appello “Senza anziani non c’è futuro” lanciato da numerose personalità della cultura, della politica, della società civile e del volontariato a livello italiano ed europeo, per contrastare il pericolo che passi una idea di “sanità selettiva” basata sulla vulnerabilità delle persone.

Tutti noi conosciamo l’attivismo civile e sociale e il fondamentale apporto che milioni di pensionati e anziani danno in Italia e nel Veneto al welfare familiare attraverso il sostegno economico del magro bilancio familiare con le loro talora modeste pensioni, la cura e accompagnamento dei nipoti, l’assistenza di altri familiari o amici anziani o invalidi, la partecipazione al volontariato sociale come la Croce rossa, la Protezione civile, la Caritas.

Per questi motivi ci sentiamo fortemente motivati e impegnati a tutelare la salute e la dignità della vita degli anziani e di tutti i cittadini a partire dai più fragili.

La Federazione anziani e pensionati delle Acli del Veneto chiede con forza alle istituzioni nazionali e regionali un profondo cambiamento nelle politiche socio-sanitarie rivolte alla popolazione e agli anziani in particolare per evitare che in futuro possano ripetersi simili situazioni.

Al Governo chiediamo:

– di riaffermare la centralità della sanità pubblica con un impegno economico straordinario per realizzare una sanità equa che riaffermi il principio universalistico del nostro sistema sanitario, per fornire cioè parità di accesso per tutti i cittadini alle prestazioni del sistema sanitario in modo da contrastare le sempre maggiori disuguaglianze sintetizzabili nell’elevato livello delle spese private di tasca propria per accedere ai servizi sanitari, nel ritardato o mancato accesso alle cure per problemi economici di molti anziani e cittadini. Una ulteriore disuguaglianza è rappresentata dalle recenti integrazioni introdotte dai fondi sanitari (indennità e contributi di vario genere) riguardati gli iscritti colpiti dal Coronavirus curati, nella fase di emergenza, dalla sanità pubblica.

– di apportare modifiche normative al sistema della sanità integrativa dei fondi sanitari, perché questa è fonte di disuguaglianze di ordine fiscale e perché sono erogate prestazioni sanitarie – complementari e sostitutive dei LEA – per coloro che hanno un rapporto di lavoro a scapito di chi non beneficia della contrattazione collettiva e di accordi di welfare aziendale. Inoltre, considerato la prevedibile caduta della occupazione per l’impatto della pandemia sulla economia, sarà difficile per i disoccupati, non più iscritti al fondo sanitario o non inclusi nel welfare aziendale, accettare una imprevista situazione di disuguaglianza;

– una legge nazionale sulla non autosufficienza, come richiesto anche da tutte le altre Confederazioni dei pensionati e dalla Associazioni che si occupano di non autosufficienza, che assegni risorse per una migliore presa in carico delle persone in situazione di cronicità e di non autosufficienza.

Alla Regione Veneto chiediamo:

– un profondo cambiamento di rotta nella programmazione e gestione dei servizi ospedalieri e territoriali e un rapido superamento di criticità che si sono maggiormente accentuate nella recente emergenza sanitaria;

– correggere la drastica riduzione di posti letto ospedalieri in particolare quelli di terapia intensiva, pneumologia e geriatria, valorizzando la funzione di presidio territoriale svolta dai reparti di lungodegenza e dagli ospedali di comunità;

– una sollecita realizzazione di un adeguato numero di strutture riabilitative e di residenze sanitarie assistite per favorire il recupero funzionale e l’assistenza dell’anziano nella fase post-acuta;

– risolvere la debolezza strutturale dell’organizzazione territoriale distrettuale con la incompleta realizzazione delle medicine di gruppo e la scarsità dei servizi di assistenza domiciliare (in particolare per pazienti neoplastici, bisognosi di cure palliative, affetti da insufficienza respiratoria, con deterioramento cognitivo): l’anziano malato e la famiglia devono essere adeguatamente supportati da personale sanitario adeguato perché l’anziano o il malato possano essere curati e assistiti il più possibile nel proprio domicilio; a tale scopo è necessario incrementare il personale sanitario medico ed infermieristico dipendente e adeguatamente formato nella gestione dei servizi sanitari territoriali;

– va finalmente realizzata la riforma delle IPAB – Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza – che operano senza finalità di profitto nella gestione di Centri servizi per gli anziani, RSA e Case di riposo, che potrà contribuire ad un migliore servizio per le persone anziane più fragili, in stretto collegamento con i servizi territoriali;

– una puntuale, periodica e costante verifica della applicazione dei criteri di accreditamento nelle RSA e Case di riposo sia pubbliche che private dove peraltro la quota sanitaria è pagata con fondi pubblici;

– si ritiene inoltre che vada elaborato un piano di interventi specifici su procedure e aspetti organizzativi, tecnologici e percorsi formativi per le RSA e Case di Riposo rivolti ad assicurare agli ospiti e ai loro familiari il rispetto e la tutela dei diritti alla informazione e alla comunicazione costante, alla dignità personale e alla autodeterminazione;

– di assumere, indipendentemente dalle modifiche normative chieste al Governo ed in relazione a quanto previsto dal Piano Socio Sanitario Regionale, iniziative finalizzate ad un recupero di risorse dal sistema della sanità integrativa e di welfare aziendale da destinare a tutta la sanità regionale nell’ottica di una integrazione tra pubblico e privato.